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sabato 4 maggio 2019

Salvini e Orbán, prove di intesa per il dopo voto

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Il Sole 24 Ore
Europa24 - Le storie da sapere per cominciare la giornata

di Alberto Magnani

05 maggio 2019

STATO DELL’UNIONE

Salvini e Orbán, prove di intesa per il dopo voto


Il primo ministrio ungherese, Viktor Orban, e il vicepremier italiano, Matteo Salvini (AFP)

Il primo ministrio ungherese, Viktor Orban, e il vicepremier italiano, Matteo Salvini (AFP)

Il 2 maggio Matteo Salvini è volato a Budapest dal suo «modello europeo», il primo ministro ungherese Viktor Orbán. Il feeling tra i due è noto, anche se è sempre stato frenato dalle rispettive famiglie politiche: Orbán e la sua forza nazionale, Fidesz, restano membri del Partito popolare europeo, nonostante vari malumori interni e un tentativo di espulsione; Salvini sta cercando di assemblare l'equivalente di un'internazionale sovranista, raccogliendo sotto la sua leadership tutti i movimenti collocati alla (estrema) destra del Parlamento e dello stesso Ppe. I due vorrebbero superare le incompatibilità istituzionali avviando una collaborazione fra le ali più conservatrici del Ppe e il circuito di forze nazionaliste che gravita intorno a Salvini, dal Raggruppamento nazionale di Marine Le Pen ai tedeschi filo-austerity di Alternative per la Germania.
I collanti non possono che essere la questione migratoria e il «ritorno alla sovranità nazionale», intesa come uno svuotamento progressivo dei poteri esclusivi dell'establishment europeo. Funzionerà?

Da un lato la crisi dei due partiti tradizionali, i Popolari e i Socialisti, potrebbe spingere i primi a cercare un appoggio anche al di fuori dell'arco delle forze ritenute «europeiste». Dall'altro Manfred Weber, lo spitzenkandidat del Ppe in corsa per la presidenza della Commissione europea, sembra incline a un dialogo più pragmatico che ideologico. In tanti, nel suo partito, guardano con favore a un cordone filoeuropeo fra Ppe, Socialisti, Liberali (prossimi alla fusione con En Marche!, il gruppo francese di Emanuel Macron) e un probabile outsider del voto, i Verdi. Il partito ambientalista, proiettato alla conquista di quasi 60 seggi dall'ultimo sondaggio dell'Eurocamera, ha già aperto a un'intesa di massima con il Ppe in cambio di una presa di distanza dai suoi membri «illiberali». A partire da Orbán.

I FATTI DELLA SETTIMANA

Storie da Bruxelles (e non solo)

Pedro Sanchez (REUTERS)

Pedro Sanchez (REUTERS)

Spagna, la sinistra esiste (ma l'estrema destra pure)
La crisi delle sinistre europee si scontra con un'eccezione: la Spagna. Il Partito socialista, guidato dall'ex premier Pedro Sanchez, ha vinto con un margine maggiore del previsto le elezioni nazionali: 123 seggi, quasi il doppio rispetto al Partido Popular (crollato a un minimo umiliante di 66 seggi) e ben al di sopra del tentato exploit dei liberali di Ciudadanos (57 seggi). L'altra affermazione arriva all'estremo opposto del Congresso dei deputati, la Camera spagnola, con i 24 seggi messi sotto chiave da Vox: il primo partito di destra radicale a varcarela soglia del parlamento iberico dai tempi della dittatura di Francisco Franco. Ora Sanchez si trova comunque al di sotto dell'asticella dei 176 deputati, il tetto minimo per avviare un governo di maggioranza. La scossa emotiva del voto è stata tale da far trapelare la tentazione di un esecutivo monocolore, magari andando a contrattare di volta in volta l'appoggio della sinistra estrema o dei partiti nazionalisti di orientamento progressista. Ma i più ritengono che Sanchez si arrenderà a un'intesa di compromesso con Unidos Podemos (42 voti) o i vari partiti indipendentisti che fanno il pieno lontano da Madrid: è il caso della Sinistra repubblicana catalana, cresciuta fino a un bottino di 15 voti, dopo aver fatto naufragare lo stesso governo di Sanchez ostruendo la sua legge di bilancio a febbraio 2019.

Francia e Germania accelerano sulle batterie elettriche
Francia e Germania stanno lavorando al primo consorzio europeo per la produzione di batterie elettriche per l'automotive. Il ministro del Tesoro francese Bruno Le Maire e il suo omologo tedesco, Paul Altmaier, hanno annunciato l'intenzione di avviare l'anno prossimo un progetto-pilota che creerà 200 dipendenti nell'immediato, con un effetto leva di altri 1.500 occupati per ciascun paese. Il gruppo sarebbe sviluppato in collaborazione tra due marchi del'automotive (la francese Psa la tedesca Opel) e Saft, una controllata del gruppo petrolifero Total che si occupa di batterie ricaricabili. Il timore di Parigi e Berlino, però, è di incastrarsi nei regolamenti antitrust di Bruxelles. Il progetto richiederebbe 1,2 miliardi di sussidi statali a fronte di un investimento complessivo di 5-6 miliardi: una cifra che deve comunque passare per il via libera della Commissione europea, già finita nel mirino dell'«asse franco-tedesco» per aver ostacolato la maxi-fusione fra Alstom e Siemens. L'obiettivo del consorzio è di fronteggiare la crescita asiatica sul fronte delle vetture elettriche, un business che rischia di logorare dall'esterno l'industria europea dell'automotive.

Theresa May (AP)

Theresa May (AP)

Regno Unito, tracollo dei Conservatori alle amministrative
Le elezioni amministrative britanniche 2019 si trasformano in un banco di prova per il governo May e la sua gestione della Brexit. Con un esito che si fa fatica a interpretare diversamente: bocciatura. Il partito Conservatore ha perso nel voto del 4 maggio almeno 500 seggi sugli 8mila in palio, rialzando la pressione interna al partito per le dimissioni della premier in tempi rapidi. Male anche i laburisti, giù di almeno 80 seggi nelle prime proiezioni del 2 maggio, mentre la crescita più robusta arriva da Liberaldemocratici e Verdi: un segnale che può leggersi anche come un appello anti-Brexit, visto che entrambi i partiti hanno sempre mantenuto una linea apertamente europeista. Come era già successo con il voto in Spagna, le elezioni domestiche forniscono più di un indizio sullo scenario delle Europee del 23-26 maggio.

A tre settimane dal voto e tre anni dal referendum per il divorzio dalla Ue, il Regno Unito sembra sempre più vicino a una umiliantepartecipazione alle urne per l'Europarlamento. Un'eventualità che rischia di risolversi con un crollo ulteriore dei Conservatori, spinti ai minimi storici dal malcontento per la lungaggini della Brexit e faide intestine. Chi ne guadagnerà? Oltre ai Verdi e Libdem, c'è chi si aspetta un exploit ancora più beffardo: quello del Brexit Party, il partito anti-Ue capitanato dall'ex leaderindipendentista Nigel Farage.

Cosa abbiamo letto in giro, varie ed eventuali

Il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk (AP)

Il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk (AP)

1) Tusk alla Polonia: rispettate la costituzione
Il presidente in uscita del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, ha invitato il “suo” governo di Varsavia a rispettare la costituzione. La steccata di Tusk è rivolta a Diritto e giustizia, il partito nazionalista che tiene le redini dell'esecutivo e ha aperto più di un fronte di tensione con Bruxelles per i suoi atteggiamenti di incompatibilità con lo stato di diritto Ue. L'ultima divergenza è figlia di una riforma del sistema giudiziario, accusata dalla Commisione di ledere l'indipendenza dei magistrati e sottoporli a pressioni politiche. La storia è su Politico.

2) Germania, abbiamo un problema
La Bayer, il colosso tedesco della farmaceutica, può vantarsi di aver creato un precedente: non era mai successo che gli azionisti di un gruppo quotato sul Dax, il principale listino tedesco, si «rivoltasse» contro un Ceo per le sue scelte strategiche (in questo caso l'acquisizione dell'americana Monsanto, accollandosene le cause legali e facendo precipitare il valore del titolo). Bayer a parte, l'industria tedesca sta soffrendo di una salute meno solida del solito. Le ragioni? Take-over avventurosi oltre l'Atlantico,turbolenze commerciali con la Cina e l'incognita Brexit. Ne scrive l'Economist.

3) Europee, chi vuol essere Commissario?
Con il voto alle porte, anche le elezioni europee richiedono un appuntamento di rito: il dibattito fra candidati, o meglio, spitzenkandidaten (i nomi espressi dai partiti per la carica di presidente della Commissione europee). A inaugurare le danze è stato il Maastricht debate organizzato da Politico il 29 aprile. Se ve lo siete persi, qui trovate tutto. Il secondo “scontro” si è tenuto a Firenze il 2 maggio. Il terzo e definitivo andrà in scena il 15 maggio, in diretta in Eurovisione a questo link. Vi consigliamo di dare un occhio al Sole 24 Ore.com perché potrebbe esserci qualche sorpresa per voi.

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