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domenica 12 ottobre 2025

Francia da Lecornu a Lecornu in 48 ore, respinta la sfiducia a von der Leyen, stretta Ue sull'acciaio

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Il Sole 24 Ore
Europa24

di Michele Pignatelli

12 ottobre 2025

LA SETTIMANA

Francia da Lecornu a Lecornu in 48 ore, respinta la sfiducia a von der Leyen, stretta Ue sull’acciaio

Il premier incaricato (due volte) Sebastien Lecornu, a destra, con il presidente francese, Emmanuel Macron AFP

Buongiorno e bentornati su Europa24, in una settimana dominata dalla crisi francese, che ha assunto contorni per certi versi grotteschi: prima le dimissioni del premier appena designato, Sebastien Lecornu, con lo spettro di nuove elezioni anticipate; quindi il rilancio del presidente, Emmanuel Macron, con ulteriori consultazioni per scongiurare le urne culminate, venerdì sera, nel reincarico allo stesso Lecornu.

Il nuovo governo sarà chiamato subito a mettere a punto una bozza di budget e affrontare dunque la difficile sfida del risanamento, con un’opposizione e una piazza pronte a dare battaglia. Qualunque sia la tenuta dell’Esecutivo, due cose appaiono ormai certe: non solo il macronismo sembra al capolinea, ma anche la Quinta repubblica francese, un tempo garanzia di stabilità, non funziona più.

Se la Francia è in affanno, continua a non stare benissimo neppure la Germania, con la produzione industriale scesa ai livelli del 2005, affossata dall’automotive, e una ripresa che stenta a decollare, come ha confermato Clemens Fuest, presidente dell’Istituto Ifo, in questa intervista al Sole 24 Ore. Per l’ex locomotiva d’Europa le sfide della transizione energetica e le ricadute sul comparto automobilistico dei target ambientali si stanno rivelando ostiche, come dimostra anche la posizione incerta del cancelliere Friederich Merz, che in settimana ha incontrato i rappresentanti del settore auto.

Tira invece un sospiro di sollievo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, uscita sostanzialmente rafforzata dalle due mozioni di sfiducia votate giovedì dall’Europarlamento. Il risultato è stato migliore di quello registrato su una mozione di sfiducia votata prima della pausa estiva e, se l’ex ministra della Difesa tedesca rimane una figura controversa e criticata, il blocco partitico che la sostiene ha dato prova di sostanziale tenuta.

La Commissione ha intanto presentato in settimana una proposta per proteggere l’acciaio europeo dalla concorrenza asiatica, soprattutto cinese, dimezzando le quote di importazioni libere da dazi e raddoppiando, dal 25 al 50%, le tariffe sull’import eccedente. Una svolta protezionistica che ha raccolto il plauso immediato del settore ma che dovrà ora essere approvata da Parlamento e Consiglio.

L’Unione europea è rimasta invece in disparte, per non dire del tutto ai margini, sulla vicenda di maggiore impatto degli ultimi sette giorni: l’accordo di pace in Medio Oriente, che dovrebbe mettere fine - il condizionale rimane doveroso - a oltre due anni di guerra sanguinosa nella Striscia di Gaza. Deus ex machina degli accordi il presidente americano Donald Trump, con il contributo fondamentale dei Paesi del Golfo e della Turchia, mentre l’Europa cerca almeno di non restare fuori dalla fase della difficile ricostruzione.

Sull’altro grande conflitto globale, la guerra in Ucraina, continuano le discussioni dei 27 sul possibile utilizzo degli asset russi congelati per sostenere finanziariamente Kiev. Ne hanno parlato i ministri delle Finanze all’Ecofin di venerdì, nel quale è emersa la richiesta degli Stati membri che le garanzie chieste ai Paesi sui prestiti all’Ucraina non pesino sul debito.

Sul campo, intanto, la guerra va avanti senza esclusione di colpi. Particolarmente duri, nel fine settimana, quelli sferrati a Kiev da un Putin che ha appena celebrato il 73esimo compleanno senza la minima intenzione di venire a patti con il nemico o di rinunciare al suo ruolo di novello zar.

Chiudiamo parlando di intelligenza artificiale, la nuova frontiera tecnologica che permea il dibattito a tutti i livelli. Anche l’Unione europea, consapevole di un gap nei confronti dei maggiori competitor, vuole colmare il divario e ha presentato in settimana un piano per promuoverne la diffusione anche nel comparto industriale.

IL GRAFICO DELLA SETTIMANA

Rischio Francia in calo dopo il picco

Fonte: Bloomberg

VISTO DA BRUXELLES

La frenata sull’ambiente e il peso di Berlino

di Beda Romano

A Bruxelles lo sguardo in queste ultime settimane è stato rivolto alla guerra in Ucraina, al rapporto con gli Stati Uniti, all’impopolarità della presidente della Commissione europea. Un altro tema, altrettanto importante, è rimasto sottotraccia, ma rischia di riemergere prepotentemente nei prossimi giorni: l’ambiente. Nel loro vertice del 23-24 ottobre, i capi di Stato e di governo discuteranno dei nuovi obiettivi climatici dell’Unione europea. Prima della pausa estiva, la Commissione ha proposto di ridurre le emissioni nocive del 90% da qui al 2040. La questione si sta rivelando particolarmente controversa. Alcuni Paesi, soprattutto nel Nord Europa, continuano a essere fermamente ambientalisti. Altri frenano con sempre maggior virulenza. Per anni la Germania è stata l’ago della bilancia, spostando la posizione europea verso obiettivi più ambiziosi.

Oggi la Repubblica Federale appare più dubbiosa. D’altro canto, il contesto è cambiato radicalmente. Il prezzo dell’energia è aumentato, il concorrente cinese è diventato assai più competitivo, la relazione con gli Stati Uniti è sempre più complessa, e il Paese è impegnato in un riarmo per certi versi epocale. C’è di più. Il Patto Verde è ormai una arma politica nelle mani dei partiti più estremisti, soprattutto quando si parla di automobili e della messa al bando dei motori ad emissione dal 2035 in poi. A mettere sotto pressione il governo di Friedrich Merz a proposito degli obiettivi climatici non sono solo molte aziende, ma è soprattutto Alternative für Deutschland, che ha fatto della revisione radicale del regolamento sulle auto un suo cavallo di battaglia e che ormai nei sondaggi attira oltre un quarto delle intenzioni di voto.

IL VOTO IN EUROPA

Amministrative, un test nazionale per Portogallo e Kosovo

Il presidente del partito di estrema destra portoghese Chega, Andre Ventura, in un raduno elettorale a Braga, EPA/MIGUEL A. LOPES

Quelle in programma domani in Portogallo e in Kosovo non sono elezioni nazionali, ma rappresentano comunque due test importanti. In Portogallo si tengono elezioni amministrative su tutto il territorio nazionale: circa 9 milioni e 200mila portoghesi sono chiamati a eleggere 308 sindaci, altrettanti consigli comunali e più di 3200 circoscrizioni di quartiere. Secondo i sondaggi, nelle due grandi città del Paese, Lisbona e Porto, i candidati del centrodestra e del centrosinistra sono in sostanziale parità. Si tratterà dunque di un test per i due blocchi, nonché per il partito di estrema destra, Chega.

Voto locale anche in Kosovo, dove sarà di nuovo messa alla prova la difficile convivenza tra le etnie albanese e serba. Alla vigilia, le accuse reciproche non sono mancate.

Per tutti gli aggiornamenti, continuate a seguirci su Europa24.

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